domenica

Ci lasciavamo trasportare in un dolce naufragare

Io e Mara, a volte ascoltavamo musica classica.
Dopo aver fatto l’amore.
Stesi sul letto, nudi. Con ancora il sudore sulla pelle. Distrutti e appagati, quella musica ci avvolgeva fino a toccarci corde emotive inesplorate.

Gymnopedie, ad esempio. Non riesco ancora a definire la potenza di quelle poche note, lente e cadenzate.
Se l’ascolto provo malinconia, tristezza, angoscia e poi di nuovo malinconia.
Dopo aver fatto l’amore tutto questo è amplificato. Per dieci, cento… mille volte!
Questione di “chimica” dicono.

Io e Mara, in silenzio, ci lasciavamo trasportare in un “dolce naufragare”. Ed era come fare l’amore due volte.

Tutto questo avrei voluto spiegare a Bianca.
Bianca non apprezza la musica classica. Dice che si annoia ad ascoltarla.
Chissà se Bianca ha mai sentito Gymnopedie.

Ma non è importante.

Ascolto Gymnopedie da solo e penso a Mara.
Anche adesso provo malinconia, tristezza, angoscia e poi di nuovo malinconia.



martedì

L’ho scritto in un pezzo di carta

Avevo qualcosa da dire.
L’ho scritto in un pezzo di carta e l’ho messo in tasca.
Adesso in qualche tasca ho qualcosa da dire.

mercoledì

Io non ho vissuto in una sola casa

Ho sentito che se si vogliono ricercare emozioni intense, viscerali, provenienti dal più lontano, un modo è fare visita alla casa in cui si è nati, in cui si è cresciuti da piccoli.
Per tutti quelli che sono cresciuti in una sola casa questo non vale. Magari ci vivono ancora o è diventata la casa dei “nonni”.
Ma io no. Io non ho vissuto in una sola casa.
Noi abbiamo traslocato. Eravamo in affitto in quella casa, proprio come lo sono io adesso in questa.
Ci siamo rimasti per due rinnovi contrattuali e qualcosa in più. Una dozzina d’anni, insomma, più o meno, prima di ricevere la notizia che l’avremmo dovuta lasciare. Era un pomeriggio d’estate. Giocavo con i lego quando ci venne a fare visita il proprietario. Quando andò via, mamma piangeva. La guardavo piangere. Con i lego in mano, la guardavo piangere.
Io piansi dopo. All’inizio tutto quel via vai di gente con scatoloni in mano sembrava una festa. Poi la casa rimase vuota, senza più niente. E io senza un amico. Solo eco. “Ciao casa…. ciao”.

Anche se non era casa nostra, quella rimarrà per sempre la casa dell'infanzia, mia e di mio fratello.
Deve rappresentare un luogo importante anche per i miei. Il primo tetto dopo il matrimonio. Due fiocchi azzurri appesi alla porta. Sono i momenti di una vita. Sì, devono essere quelli i momenti veri di un’esistenza. Insieme a tanti altri, certo. Ma quelli di più.
Mia mamma, non a caso, racconta ancora oggi che nella sua dimensione onirica, si ritrova a vivere ancora in quella casa.

E’ incredibile come un luogo possa imprimersi così forte nel nostro vissuto.
Se chiudo gli occhi sono in grado di ricostruirlo mattone per mattone: la disposizione dei mobili, la vista dalla finestra di camera mia, la piastrella scheggiata del bagno.

L’impianto stereo in sala era alto quanto me, si può dire.
Alla fine degli anni 80, e a cavallo dei 90, era un pezzo d’alta tecnologia che pochi potevano vantare di possedere. E noi ce l’avevamo! Con il lettore di compact disc.
Mi sembra di sentire le note di “forever” dei Queen, uscire dalle casse.
Strumentale in assolo di piano e violini nella seconda parte. Non mi sorprende, a mio padre piacciono i Queen.

Eccolo! Lo vedo mio padre, è lì, ascolta la musica in piedi davanti lo stereo con il telecomando in mano, come suo solito.
Come è giovane! Con la pelle liscia liscia e un po’ di barbetta nera.
A guardarlo bene, non è che un ragazzo come me. Con due figli, ma pur sempre un ragazzo.
Davanti lo stereo, in piedi, con il telecomando in mano: Sorride.
“Papaaaà!!”



Queen - Forever: http://www.youtube.com/watch?v=iLnlHPGI0zo