giovedì

La chiamo ogni tanto, le chiedo come sta

Vorrei conoscere Oriana.
Vorrei conoscerla meglio.
Mi piacerebbe scoprire quei piccoli dettagli che darebbero realismo al quadro che ho di lei.

La conosco da due anni e mezzo ormai. Tanti ne sono passati da quel giorno.

Era notte. Ero sul mio scooter. Era verde il semaforo.
Io spedito.
Ricordo solo qualche fotogramma. Due fari provenire da sinistra, dalla parte in cui il semaforo segnava rosso. L’impatto.

Oriana è l'unico testimone.
Ha chiamato lei il 118.

Le ho parlato la prima volta la sera del giorno dopo.
In ospedale. Per telefono.

Oriana era in città, quel giorno, per motivi di lavoro.
Oriana vive lontano da qui.

La sua voce fu la mia medicina di quei giorni.
La sua voce ride. Non so come possa ridere una voce. Io non riuscirei a far ridere la mia voce.
Lei sì. La sua è così, di natura. La senti e pensi che stia sorridendo.

Ero in crisi con Mara in quei giorni. Subivo la sua durezza. Accusavo la sua rigidità.
E così, capita a volte, che un incontro inaspettato ti faccia capire cosa di preciso manca nella tua vita e ad un tratto senti che non ne puoi fare a meno.
Io non posso fare a meno, in una donna, della gentilezza tipica di Oriana, della sua disponibilità, del suo saluto. Un saluto dolce come una carezza.

La chiamo ogni tanto, le chiedo come sta, ci aggiorniamo.
La sua voce mi sorride e io le sorrido di riflesso.
Sono telefonate veloci, ma bastano 3 minuti di lei per riempirmi di ottimismo. Mi fa stare così bene che più volte ho pensato di andarla a trovare.
Ho pensato di arrivare da lei con un fiore. Uno solo. Invitarla a cena e chiederle “cosa ti piace mangiare?”.

Oriana si è sposata qualche mese dopo che l’ho conosciuta. Adesso aspetta una bimba.
Dice che la chiamerà Fabrizia.
E’ un bel nome, Fabrizia è un bel nome.