martedì

Ti è mai capitato di sentirti di nessun luogo?

- Ti è mai capitato di sentirti di nessun luogo?
- Continuamente!

Ogni volta che mi dicono che ho un'inflessione particolare, ma nessuna in particolare.
ogni volta che svolto a destra e penso "chissà cosa c'è lì, se svoltassi adesso a sinistra".
Ogni volta che torno dai miei, cerco un negozio e non c’è più, ce n'è un altro e vende tutt’altro, e anche alla porta accanto e a quella dopo.
Ogni volta che saluto un amico andare via e penso "fin quanto ci rimango qui io?"
Ogni volta che mi presentano una ragazza, chiedo "di dove sei" ed è sempre e comunque un posto in cui non andrei mai a vivere,
Ogni volta che guardo il cielo dalla finestra, e un poco, somiglia al mio.

domenica

Tra me e me

- Vai via pure tu?
- Sì, è tardi
- Dove hai la macchina?
- Sulla parallela a questa
- Dai saluto gli altri e ti accompagno…
- Ok, grazie
- Quanto ci metti adesso per rientrare?
- 30 minuti di autostrada. Non è tanto, ma speriamo che non piova di nuovo.
- Non dovrebbe.

- Eccoci, è questa. (mentre prende le chiavi in borsa)
- Hai un SUV?! E’ dei tuoi e te l’hanno prestata?
- No, è la macchina del mio ragazzo.
- Ah! Certo… la macchina del tuo ragazzo.
- Bene, allora ciao. Ci si rivede.
- Sì, Buon rientro! Ciao.

“Ah?! Ma come ti viene in mente dire ah” - tra me e me.

sabato

Con in testa il bambino della Kinder

Dice Carmen che ama tutti. Tutti nel mondo.
Carmen ama il mondo, è così. Cioè, così dice, Carmen.
E nessuno giura, nessuno le sta antipatico.

Pare che ci sia un bambino anche dentro il peggiore uomo.
Lei lo dice meglio di me. Con parole forbite. Con la poetica del fanciullino, e bla bla bla che poi sbadiglio.
Il concetto mi si materializza nelle sembianze di un bambino e nella fattispecie il bambino delle barrette kinder degli anni '80. Lo stesso per cui siamo in tanti a sperare che nel frattempo abbia collezionato almeno tre otturazioni per carie, e aggiungo, che abbia perso il caschetto d'oro, se è vero che l'alopecia è democratica e non guarda in faccia, o in testa, a nessuno.

E che dire di quando Carmen scriveva nel suo diario "La vita ti sorride se la guardi con sorriso".

Mi sembrano cazzate, così di primo acchito.
Un po' anche di secondo acchito. E quasi quasi di terzo.

Ma siccome volevo fare un po' l'alternativo stasera, ho pensato a Carmen.
Avrei voluto scrivere un messaggio al vetriolo a Marco che da qualche giorno sta esasperando la mia pazienza.
Marco... uno di quelli che poi prima o poi finisci per conoscere quanto basta per dire che gli amici è meglio che siano altri.
Ma vuoi o non vuoi, c'è anche lui nei momenti migliori degni di un ricordo.

Così ho denaturato tutto il fastidio di questi giorni,
e gli ho scritto due righe di cuore.
In nome di una lontana amicizia,
con in testa il bambino della Kinder, la vita che ti sorride, e Carmen, e tutto l'amore per il mondo.
Mi sono sentito d'un tratto leggero. Non volevo crederci. Proprio così, in quell'istante in cui premuto invio ho amato il mondo. Tutto intero.

Che poi lo so, me ne pentirò mille volte di aver scritto qualcosa che Marco non è in grado di comprendere.
Ma può funzionare caspita, funziona!
Carmen mi viene voglia di chiamarti e dirti "yes, we can!".
No dai, adesso sembra troppo.
Carmen non ti chiamerò. "No, I don't".

mercoledì

Sembra solo ieri

Funziona così.

Funziona che lunedì mattina ti svegli e sul letto, con ancora un occhio chiuso, fissi la sveglia impietosa e speri che venga presto sera per poter rientrare in casa.
E poi viene martedì e dopo mercoledì e giovedì, e il pensiero va solo a venerdì sera.

Finalmente arriva il weekend.
Sembra un Rapido in transito al binario ovest. Così veloce che a volte lo perdi e non rimane che pensare al weekend successivo.

Passi il tempo a far passare il tempo e il tempo poi ti esaudisce e passa davvero.
E ti ritrovi ad aver superato i trenta che neanche ti ricordi cosa hai fatto in questi anni.
Hai messo insieme 10 natali, 10 compleanni, 10 ferragosti, come fossero uno solo: lo stesso.
Ti viene di rispondere che hai 27 anni e anche quelli ti sembrano ancora tanti.

Sembra solo ieri. E' questa la sensazione.

Succede allora che una notte non riesci a dormire,
ti fermi un attimo, scendi dalla giostra e ti chiedi:
"che carte ho in mano? quali mi gioco adesso? magari meglio smazzare, sai mai!"

sabato

Esito finale: per niente scontato

Sono rientrato tardi da lavoro, oggi, ma non sono stanco.
E' stata una piacevole giornata,
fatta di lavoro in scioltezza, di piccole soddisfazioni professionali e di buon umore diffuso.
Tornando a casa, ho cercato di dare un valore a questo profondo benessere.
Un valore in euro.
Non ci sono riuscito.

Dicono che tutto ha un prezzo, ma quanto è difficile a volte.
Prima o poi dovrò tirare fuori una cifra.
Aritmeticamente sommarla, e ancora sottrarla,
all'affitto di ogni 5 del mese,
al gusto per il Bello,
il caro benzina,
un fondo pensione
e un senso di appagamento personale.

Quattro numeri in sequenza per regolare il proprio modo vivere.
Quattro numeri che fanno la differenza nell'uno... o anche nell'altro verso.
In un estremo o nell’altro.

Quattro numeri in sequenza.
Il valore dell’equilibrio: del dare e avere.
Da dividere per trenta e moltiplicare per tutti quei rientri in macchina, a fine giornata, cantando a più non posso.

Quattro numeri, solo quattro.

Li scriverò in un foglio di carta.
Ripiegherò in due il foglio, poi ancora in 4 e infine lo metterò in tasca.
Busserò alla porta del mio capo e avrà inizio la trattativa, voglio rinegoziare la mia posizione.
Esito finale: per niente scontato.

mercoledì

Di giorno invece

Dovrei smetterla di scrivere la notte.
Sono spesso spento e melanconico.
E poi si vede.
Di giorno invece...

giovedì

Tutto il buono che vorrei restasse accanto a me

La partenza di Giulio ha riaperto un vuoto che non avvertivo da anni.
Così, d’improvviso.
Sarà il tempo, saranno anche questi giorni bui e freddi, sarà non lo so…
Ho pianto.

Il giorno dopo i saluti ho avuto voglia di uscire e fare due passi in solitaria. Camminando mi sono venuti in mente tutti gli episodi passati insieme.
Le cene fatte in casa di sabato quando fuori faceva troppo freddo, i caffè delle domeniche pomeriggio, i concerti estivi. La sua festa di laurea, la mia festa di laurea. I drink che ci offrivamo reciprocamente quando abbiamo cominciato ad avere uno stipendio.
Eravamo studenti e ci ritroviamo uomini.
Con più barba e meno capelli. Le scarpe nuove, ma con più strada sotto ai piedi.

E’ stato straziante rivedere il film di questi anni attraverso la sua partenza.
Il tempo che passa,
si porta via tutto il buono che vorrei restasse accanto a me. Per sempre.
Il tempo che fa il suo,
se ne sbatte del mio bisogno di avere sotto controllo tutto. E tutti.

Sono ritornato a casa e ho pianto ancora, come non mi capitava da tempo.
In bilico tra l’accettazione del fatto e la paura di ritrovarmi solo, di nuovo, in un posto che forse non è stato mai il mio.

Bisogna che faccia qualcosa” - mi ha detto qualche istante prima che ci salutassimo – “Ho paura e sento l’eco qui dentro “ - indicandosi – “ma mi dico che andrà meglio, via via andrà meglio. Ciao amico mio, ciao!”.
Ci siamo abbracciati.

Mi ha salutato con quell’ottimismo che in questo momento ho perso.
Lo rivedrò, capiterà sicuramente occasione. Ma so che niente sarà più come prima, almeno per un po’.

A presto Giulio, farò del mio meglio, farai lo stesso tu.
See you soon.




domenica

Un tempo che non ritornerà più

Abbiamo una fatto una foto a fine serata.
La osservo sul monitor: sulla tavola ci sono i piatti sporchi e i dolci rimasti da un’abbondante cena. E c’è anche il vaso di tulipani bianchi che ha comprato Edoardo per l’occasione.
Ci abbracciamo tutti e sorridiamo, di sorrisi veri, di quelli che provocano una punta di invidia in chi non c’era.

E’ solo una fotografia di ieri sera, ma ha già tutta l’aria di quelle istantanee che congelano un tempo che non ritornerà più. Quelle fotografie così simboliche che incornici e riguardi per anni fino a sbiardirsi.

Era la cena di “saluti” per Giulio.
Giulio va via. Lascia la città.
”Andrò via, ne ho piene di continuare così. Voglio fare quello per cui ho studiato e proverò altrove”
L’aveva detto mille volte. Ogni volta parlava di una città diversa. Una volta persino di Chicago. Ma poi rientrava tutto e si andava avanti: “Pronto Giulio, che fai? Si fa un giro andiamo a bere qualcosa? Ci pensi tu a chiamare gli altri?” e ci dimenticavamo delle insoddisfazioni quotidiane, di una vita fatta di “vorrei” e progetti fatti di tre mesi in tre mesi.

Questa volta invece è stato diverso, non ci sono stati falsi annunci poi rientrati.
Era un po’ che aveva preso ad andare e venire in treno. Non lo diceva apertamente, ma quei weekend fuori casa erano le prove tecniche di convivenza con il nuovo partner.
Sono rientrato dalle ferie e quando l’ho chiamato mi ha detto che aveva lasciato il lavoro e stava facendo un giro di colloqui, là dalle parti di Samuele. Amore&lavoro, insomma.
Sono rimasto in silenzio al telefono. Aveva deciso tutto.

Mi ha richiamato di nuovo ieri.
- “Sono rientrato in città stamattina. Che fai?”
- “Facciamo un giro! così mi racconti dei colloqui”
- “No, no... sto imballando tutto. Ho trovato un lavoro. Comincio lunedì. Vado via da questa città. Trasloco. Vieni a casa mia, dobbiamo salutarci. Vieni quando vuoi, ti aspetto, sono qua. Vengono anche gli altri ragazzi più tardi, si mangia qualcosa da me”.

La cena è finita molto tardi, ho attraversato la città rientrando a casa.
Condensa sul parabrezza e strade deserte a quell'ora.
In macchina, ho realizzato davvero di sentirmi già un po’ più solo senza Giulio. Ho riconsiderato di essere qui di passaggio anch’io senza sapere che direzione prendere.
Giulio ha preso la sua. E non posso che augurargli i più vivi sorrisi come quelli nella foto che ho davanti adesso.
Con i dolci della cena rimasti sulla tavola e il vaso di tulipani bianchi, che si sa, sono simbolo di amicizia.
Amicizia sincera.

mercoledì

Ci si può sentire incompleti

Ogni tanto penso che ci si può sentire incompleti,
anche quando non si è soli.
Allora è ancora più difficile.