giovedì

Shhhh

La parte più difficile di “questo viaggio chiamato vita”, per me, è l’irruenza. Va domata e non è facile, perché è un istinto.

E’ tutta una questione di tempi.
C’è un tempo per parlare e un tempo per star zitti.
Il segreto è imparare la giusta sequenzialità.

Ad esempio, adesso ho parlato.
E mi sembra di aver detto tutto.
Ora quindi non resta che il silenzio.
Shhhh.

martedì

Che poi già lo so

Che poi già lo so, mi rileggerò tra 3 anni e al solito penserò “cosa cazzo scrivevo? E soprattutto come cazzo lo scrivevo?”.

giovedì

Sto al momento scegliendo le scarpe

Come un interrogatorio, ti sfinirò.
Avrò voglia di conoscere ogni istante della tua vita, anche il più anonimo. Mi piacerà sapere quanto vicino ti sono passato, quanto lontano.
Per cosa hai pianto? Per chi invece non è valsa la pena?
Penderò dalle tue labbra quando inizierai una frase con “ho imparato che” o con “sai cosa volevo dirti?”.

Ti chiederò dove sei stata e cosa hai fatto tutto questo tempo.
E se mi chiederai altrettanto, ti risponderò che sono stato impegnato a scegliere il vestito migliore per il giorno del nostro incontro.

Le scarpe. Sto al momento scegliendo le scarpe. Ho già preso tutto il resto.
Per le scarpe prenderò tutto il tempo che serve.
Dovranno essere belle. Dovranno essere di classe.

venerdì

Quel silenzio che rimane quando una persona recita un addio

Eravamo seduti ad un tavolo. Si beveva la solita birra. Ed è arrivata Margherita.
Io tenevo nel palmo di una mano un pugno di noccioline salate, con l'altra le mangiavo.
E' arrivata e ha chiesto l'attenzione di noi tutti. “Scusate, solo 5 minuti” ha detto.
5 minuti per salutarci.
Dopo le ultime vicende e le litigate, la misura era evidentemente colma.

Ha iniziato con il tono di chi ha pianificato un addio e lo ha pianificato eliminando ogni traccia di rancore.
Fredda razionalità nel rimarcare, che dopo anni di avventure passate insieme, fosse arrivato il momento di proseguire su strade diverse.
Ha avuto un pensiero per ognuno di noi e l'augurio che questa comitiva continui unita ancora per tanto altro tempo. Non sembrava neanche la stessa di quella delle ultime litigate, delle urla davanti a tutti, delle offese gratuite. Ci si sarebbe aspettati il classico fragore di una porta sbattuta, a dover immaginare quel momento.

Poi le è scesa qualche lacrima di nervosismo, nel ripercorrere e sorvolare sui fatti delle ultime settimane. Ha guardato in alto, ha spostato la pupilla all’insù per trattenere con ogni forza tutte le lacrime che poteva, e ha ritrovato così il controllo di quello sfogo e di se stessa.
E' andata via quando ho finito le noccioline e in mano non è rimasto che sale. Sale fine e dal gusto pungente
Ho guardato gli altri. Gli altri ammutoliti si sono guardati tra loro.
Ho strofinato le mani per mandare via il sale. Ho bevuto un sorso per portar sollievo alle mie gengive incazzate.

Quel silenzio che rimane quando una persona recita un addio e va viene nervosa da un gruppo... quel silenzio fa un certo effetto.
Fa un certo effetto se nessuno proferisce parola. Se non viene spesa una parola d'obbiezione, se qualcuno è persino soddisfatto.

Ho riempito il palmo di noccioline, “altre due e poi basta” mi sono detto, "altre due e torno a casa".

giovedì

Una volta, durante un sogno, ho scritto un romanzo

Una volta, durante un sogno, ho scritto un romanzo.
Un romanzo tutto d’un fiato. Dal prologo alla conclusione, colpi di scena inclusi.
Prendeva vita da solo e io mi dicevo “sarà una figata”.

Non ricordo nulla di quel romanzo. Si è dissolto, come si dissolvono i sogni.
Ricordo solo che è successo. In una notte, non so quale fosse.

Ci ho pensato diverse volte. Ho cominciato anche a dubitare che io non abbia sognato il romanzo, ma che abbia sognato di scrivere un romanzo.
C’è una sottile differenza, ma fa la differenza.
In fondo come si fa a stabilire cosa in un sogno è reale e cosa è appunto un sogno?
La mattina seguente ho ricordato di aver sognato di aver scritto un romanzo, ma non ricordavo il romanzo.
Ricordavo di aver detto, nel sogno, “sarà una figata” ma forse ho solo sognato la sensazione che fosse una figata. Forse non c’è stato mai nessun romanzo, nessuna trama, neanche l’ombra.

Eppure può succedere. E se per una notte, solo una, avessi avuto in testa la storia, che a pubblicarla, sarei diventato famoso?

Non è impossibile.

Paul McCartney!
Una mattina Paul McCartney si sveglia e corre al pianoforte a suonare un pezzo.
Immagino come l’abbia fatto, mi sembra di vederlo. Senza neanche dire “buongiorno”, scapigliato, con gli occhi semichiusi e la bocca impastata. Con l’ansia di non riuscire ad acciuffare qualcosa che in pochi minuti svanisce come neve al sole, come un’ispirazione, come un sogno appunto.
Il primo pensiero di Paul fu “è mia o ho riprodotto una canzone che ho già sentito da qualche parte?”. Dopo qualche ricerca, fu chiaro, si trattava di un inedito. Si trattava di Yesterday.