mercoledì

C'è un non so ché di fascinoso

C'è un non so ché di fascinoso in una ragazza sola che attende alla fermata del bus.

Passo in macchina e non posso resistere dal buttare un occhio.
Di solito sono sedute sulla panchina, portano gli auricolari e guardano distrattamente dalla parte da cui prima o poi scorgeranno una sagoma arancione.

Non so se è il loro "treno" ad essere in ritardo o se sono loro in anticipo con la vita.
Loro sono lì e attendono.
E davanti, sulla strada, sfrecciano le macchine, le moto, i minuti e tutto quel gran da fare di ogni giorno.
Ferme su quella panchina, loro attendono. E non demordono.
Prima o poi arriverà il momento, una porta che si apre, un gradino da scalare e un'occasione che le prende e le porta via.




sabato

Facendo due conti

Mi sono svegliato,
assonnato mi sono trascinato in cucina e ho fatto colazione.

Dopo qualche sorso, il mondo ha cominciato a riprendere forma. Il sole già alto di questo sabato mi ha dato una mano a rinvenire. Ho ringraziato sommessamente, perché di tutto il grigiore inatteso di maggio, il mio umore cominciava a risentirne.

Con in mano la tazza, ho sfogliato il depliant che ho ritirato in agenzia immobiliare venerdì.
Non so se per l'effetto del caffé o per il prezzo di quegli eufemismi chiamate "case in vendita", ché sono dovuto correre in bagno.
E in questo bagno - chiamiamolo pure "cesso" - facendo due conti, ci rimarrò ancora un bel po'.

martedì

Quanti di quei semi sono germogliati?

Passano così 20 anni, da quel giorno in cui il giudice Giovanni Falcone divenne un compito in classe d'Italiano.
Successe tutto di sabato. Lunedì quegli uomini erano sul mio foglio protocollo coniugati al passato.
Scrivevamo delle immagini viste durante le edizioni straordanarie.
La croma blindata squarciata, la terra fumante, lo strazio e le vedove.
Quel "bastardi" pronunciato dallo zio, la desolazione sul volto di papà.

Eravamo torba fertile e incolta e ci hanno impiantato il seme della legalità,
perché spettava a noi ricostruire un giorno quello per cui "i grandi" avevano fallito.

Ventanni passano e quel giorno arriva.

Ho costruito il mio futuro con le mie mani.
Cammino a testa alta per la strada.
Venero il tricolore perché, come la Croce, si è macchiato del Sangue dei Giusti.

Sento in continuazione una voce dentro che mi dice cosa è giusto fare e neanche volendo potrei metterla a tacere,
neanche per le più piccole quisquilie, neanche davanti un naturale senso di vergogna nel rimproverare per la strada un anziano che si è liberato per terra del pacchetto vuoto di sigarette.

La corruzione mi fa puzza.
Il compromesso morale mi dà il vomito.
La mafia mi fa schifo.

Quanti di quei semi sono germogliati?
Quanti si sono sottratti dal ricercare una raccomandazione,
dall'avvicinare, adulare, servire il Potere per avere un ritorno, un lavoro, una posizione?
Quanti si sono piegati al compromesso?
Quanti?

Eravamo scolari.
Passano ventanni e siamo l'Italia.
Questa Italia.

Guardo il positivo e mi piace pensare a quanti in quei giorni abbiano "sentito la chiamata" e oggi sono giudici, magistrati, poliziotti.
Quanti sono oggi, quelli che allora furono Gian Carlo Caselli e Ilda Boccassini, volontariamente trasferitesi alla procura di Palermo e Caltanissetta all'indomani delle stragi?
Quanti?

mercoledì

Come un quadro

A volte mi chiedono "di che parla?",
"di cosa parla C'era una volta in America?"

Forse parla di un grande amore non corrisposto, forse di una grande amicizia tradita. Forse di entrambe le cose.
Ma forse non parla di niente. C'era una volta in America è come un quadro.
Un quadro dipinto su pellicola.
Ti ci siedi davanti e lo osservi. Come una tela famosa in un museo.

Deborah: Noodles tu sei la sola persona che io ho mai...
Noodles: Che hai mai? Vai avanti, che hai mai?
Deborah: Di cui mi sia importato. Ma tu mi terresti chiusa a chiave in una stanza e getteresti via la chiave, non è vero?
Noodles: Sì, credo di sì.
Deborah: Il guaio è che io ci starei anche volentieri.


In questo dialogo, e nel successivo monologo,  tutto il senso di un amore impossibile. E a volte non posso fare altro che rivedermi, non nella sostanza della battute, quanto nell'assurdo in esse.

Nessuno t'amerà mai come ti ho amato io. C'erano momenti disperati che non ne potevo più e allora pensavo a te e mi dicevo: "Deborah esiste, è la fuori, esiste!" E con quello superavo tutto. Capisci ora cosa sei per me? 


(Frammento su youtube: http://youtu.be/1Hjyx6uLC-c )

domenica

La mia mente è il motore

La mia mente è il motore,
e questa macchina ogni tanto ha bisogno di manutenzione programmata.
Anche il corpo.

Ho ripreso ad andare a correre.
La fatica è la misura di quanto fossi ingolfato.
Poi va via e resta il sollievo dell' aria nuova nei polmoni,
i muscoli tonici e tutta la grinta che serve.


Ad averlo saputo prima

L'interpretazione dei sogni è roba da donne e me ne tiro assolutamente fuori.
Ma stanotte ho sognato che la tipa della 5E, due classi accanto alla nostra, me la dava.
Sì sì "me la dava", senza ma, senza se e senza giri di parole: me la dava punto e basta.
E pensare che non mi ha mai "cagato" neanche di striscio.
Così quando meno te lo aspetti, ché un decennio è già passato da mo', costei sbuca da un meandro del mio oscuro subconscio e mi sorprende con l'inatteso regalo.
E devo dirla propria tutta: è di una stupidità bovina. Ossignore che discorsi ignoranti che faceva. Sì nel sogno, ma intanto li faceva e parecchio stupidi.
Bella ma stupida: il classico stereotipo!
L'ho sempre immaginata come una specie di Dea vivente, una musa in borghese, una madonna sotto mentite spoglie. E che non mi cagasse... beh rientrava nel normale equilibrio dell'universo per cui un'entità celeste non interagisce con anonimi coglioni qualunque.
"Ad averlo saputo prima" è stato il primo pensiero di stamattina, appena sveglio.
Già, ad averlo saputo prima.

giovedì

Neanche la metà di tutto quello che avevamo davanti

L'immagine di un american brunch oggi mi ha fatto venire in mente le colazioni con Mara.
Ci svegliamo insieme di sabato o domenica e riempivamo la tavola di alternative.
Latte, caffè, succo di arancia, tortini, fette biscottate, cereali, biscotti e cremine varie da spalmare.

Non mangiavamo neanche la metà di tutto quello che avevamo davanti,
ma tutto era necessario per l’atmosfera di quel momento di risveglio.

E poi ci si dava piccoli baci. In pigiama.