giovedì

ehilaaaà

- Ma tu la moglie come vorresti che fosse?
- Io vorrei che fosse di quelle che quando rientrano a casa si annunciano sorridendo. Va bene anche un "ehilaaaà", se è poi è pure mezzo canticchiato è proprio perfetto.
- Ah

mercoledì

Coi piccioni sulla testa

Ilene mi è entrata in testa e non ne esce più.
E pensare che non c'è stato niente.
Continuo a sentire tutte quelle gentilezze non dovute, i sorrisi per non aver capito e i "can I take a picture of you?" come fossi un pezzo di Italia.

Mentre lei girava intorno e leggeva la guida, mi sono seduto sui gradini della chiesa e ho pensato a quanto mi aveva appena raccontato a pranzo.
Nata in Ucraina, poi il master in USA, un ex amore a distanza in Germania, un nuovo lavoro in Spagna... mi sono sentito una statua di marmo come quelle che a decine adornano questa città. Per la prima volta mi sono sentito fisso, ancorato, immobile e davanti a così tanto dinamismo mi è sembrato patetico crescere, vivere e morire nella stessa città: la sveglia alle 7, la coda allo stesso semaforo, il caffè ristretto alla macchinetta al terzo bottone dall'alto, il parcheggio esterno o parcheggio interno al supermercato.

Con la mente ero oggi per metà a lavoro e per metà altrove. In una vita londinese o americana, immerso di conoscenze da tutte le parti del mondo e party serali. Ok sì... sicuramente tutte conoscenze superficiali ma ricche di diversità, che rafforzano il proprio "essere" e non ti fanno sentire una scultura in pietra, sempre lì, ferma, coi piccioni sulla testa.

lunedì

Poi l'ho tradotto e infine inviato

Il corso di inglese è da poco finito. Metto in archivio un anno di lezioni settimanali serali e gli esercizi fatti nel weekend alla ricerca di un improbabile tempo libero.
Alla fine ho pure fatto il test. Quello di "carta", con le frasi da completare e gli spazi da riempire, in un modo o in un altro l'ho pure passato.
Ma il "Destino" aveva in serbo dell'altro. Una prova pratica vera, reale, sul campo. Come quando dopo tante simulazioni la voce all'interfono annuncia "attenzione, questa non è un'esercitazione. Ripeto, questa non è un'esercitazione".
E così è entrata nella scena della mia vita Ilene. Una comparsata totalmente casuale!

Dio... non mi sarei mai potuto immaginare che sarei andato al mio primo "primo appuntamento" con una ragazza inglese.
Una fottuta ansia! Mentre raggiungevo il punto di incontro mi preparavo mentalmente la traduzione di quelle due-tre frasi rompighiaccio... "ice-breaking".
Credo di aver capito il 50% delle cose che mi ha raccontato. E mi è venuto quasi da ridere quando alla fine del weekend mi ha detto che, avendo studiato spagnolo, riusciva a capire un buon 60% delle mie frasi in italiano.

Ho scritto:
"Sei stata qui solo 2 giorni, ma mi sembra molto di più. Ero ansioso per il gap linguistico e stanco di pensare in inglese, ma sono stato benissimo. adesso sono con il mio caro italiano, ma... non sono felice, mi sento strano. Sono stato freddo nel salutarti perché non ero a mio agio.
Buon viaggio Ilene.
"

Poi l'ho tradotto e infine inviato.
Lo leggerà. In taxi verso l'aeroporto suppongo.

giovedì

Sarà una bella fioritura

Con la solita frenesia mi aggiravo per il supermercato per rifare scorta di viveri.
Fare spesa è un'incombenza con tutti i canoni della perdita di tempo, specie se di settimana.
Dio, quante cose potrei fare al posto di fare la spesa? E se proprio non avessi niente da fare me ne starei volentieri sul divano quell'oretta.

M'aggiravo come una biglia impazzita in un flipper, avanti e dietro tra gli scaffali, quando per caso incontro lui: sano esemplare di anziano italiano al reparto giardinaggio.
Mette buon umore al solo guardarlo. Qualcosa a metà tra Tonino Guerra in "l'ottimismo è il profumo della vita" e il baffo della birra moretti (quello di una volta però).
Rovista un po', legge le schede tecniche e poi soddisfatto adagia meticolosamente il sacco di torba nel suo carrellino.
E allora ho giocato ad entrare per un attimo nella sua vita. Sono andato alla cassa, ho pagato con gli euro già contati che avevo in tasca, mi sono messo in macchina e ho imboccato la strada di casa ad andatura rigorosamente lenta perché chi va piano va sano e va lontano. Prima però mi sono fermato in un cantiere per la via per controllare come procedessero i lavori. Continuo a constatare che la pendenza non è quella giusta. Quando alla prima pioggia si formerà un pantano so già che scriverò una bella missiva al sindaco per sottolineare che "l'avevo detto io".
Finalmente a casa. Mi dirigo in giardino. Apro la busta ermetica e cospargo di buona torba il vaso in ceramica. Creo un incavo per i bulbi e li sotterro. Premo con le mani, un po' ma non troppo e infine una leggera innaffiatura. Sarà una bella fioritura. Sono soddisfatto. Guardo l'orologio, c'è il tempo per una briscoletta al bar con il Gino prima di cena.

Sorrido. Ritorno alla mia vita. Ho dimenticato il latte. Brusca deviazione a sinistra prima del reparto surgelati e poi di corsa diretto alla cassa automatica. Sono in ritardo.

martedì

Sono stato morso da uno squalo

Sono stato morso da uno squalo.
Ho sentito i denti conficcarsi nella carne viva e ho sanguinato. Sanguinato parecchio.
Il sangue puzza e richiama altri squali tutto attorno, come a una festa in cui io sono il banchetto.

Ho scoperto che c'è una cosa che fai quando vieni morso da uno squalo: guardarti allo specchio e chiederti se hai mai morso qualcuno non rendendoti conto di essere stato a tua volta uno squalo. Perché se così sono gli squali, allora preferisco essere una medusa ma di quelle innocue.
Sono stato uno squalo?
Non so. Con questo dubbio che mi assale ho perso la verve, forse esagerando nel verso opposto, nel verso dell'auto-critica.
Ho paura adesso dell'arroganza e ho paura di poter esserlo stato a mia volta.
Facendomi delle domande ho perso sicurezza e così sono diventato una preda. Questo non va bene.

Ci sono due cose che puoi fare quando vieni morso da uno squalo.
Imparare a nuotare in una vasca di squali o cercare una vasca di delfini in cui tuffarsi.

Che poi ad essere sincero, odio le metafore criptiche che non vogliono dire nulla.
Quello che voglio dire è che ancora una volta, e ancora di più, non ho idea di "cosa voglio fare da grande".
Di certo c'è che la vasca è colma e non di acqua ma ansia e che gli squali sono in mezzo a noi e sono ovunque... ovunque si vada.

domenica

Il mondo del lavoro è una merda

Lo so perfettamente che dopo ogni su, c'è sempre un giù. Lo diceva pure Merlino ne La spada nella roccia.
Così "giù" però non era neanche lontanamente immaginabile.
Dell'entusiasmo per la nuova casa e di quello per l'avanzamento di carriera non è rimasta più traccia.
Casini a lavoro! Discussioni, litigi, astio, difficoltà, trappole.
Non mi va neanche di raccontare.

Tutto è cambiato e "non c'è più poesia".
Andavo a lavoro con la smania di realizzazione. Uscivo tardi e stanco, ma ero soddisfatto.
E adesso invece spero che la giornata finisca presto e che il weekend mi colga in salvo.
La notte sogno continuamente discussioni da ufficio e beghe lavorative.
È un incubo!

Ho preso ferie.
Non so quanto possano essermi di aiuto, ma era l'unica cosa da fare perché l'unico pensiero positivo al momento è evadere da tutto questo.

L'altro giorno un passante diceva al suo amico: sii felice e sereno finché studi, perché il mondo del lavoro è una merda!.
Lo stupore nel condividere in silenzio quel pensiero è stato tanto.

martedì

Qualcosa di molto odiato dalle donne

Poche attività mi rilassano come lavare la macchina.
Dovrebbe essere proclamata ufficialmente "disciplina zen"!

Credo tra l'altro sia qualcosa di molto odiato dalle donne.
Lo penso perché quelle volte che mi è capitato di confessare questa... "passione" sui generis... vedo nei volti femminili quella espressione di incredulità che immagino si possa cogliere sul mio volto quando sento qualcuna dire "io amo stirare".
Stirare va decisamente oltre ogni mia logica razionale, ma questo è un altro discorso.

Approfittando di uno scampolo di sole sono andato a lavare la macchina oggi.
La porto in uno di questi autolavaggi self-service a gettoni. 50 cent per pochi minuti di schiuma, 50 cent di acqua, 50 cent di aspirapolvere, 50 per tutto. Tutto è temporizzato e monetizzato in pezzi da 50 cent. Non è come il ciclo alle spazzole automatiche. Lì si va di olio di gomito.  Ci si insudicia le mani. C'è contatto con il proprio metallo, a volerla vedere romantica.

Ci sono svariate piazzole di lavaggio una affianco l'altra.
E vedi tutti questi uomini lavare maniacalmente la loro macchina.
I soggetti più gravi sono quelli che  stanno lì con panno alla mano e lo spruzzino di cera nell'altra. Vanno in controluce per trovare le minime imperfezione sulla carrozzeria. Di tutti quei moscerini posterizzati sul davanti non ne rimarrà uno.

Questi autolavaggi, ho scoperto, sono come le palestre. Ti aspetteresti di trovarci grassoni e obesi e invece no, tutto il contrario, ci trovi chi di palestra non avrebbe davvero bisogno.
La maggior parte delle macchine al lavaggio entrano per lo più già pulite.
Quindi la conclusione è che gli autolavaggi non servono alle auto ma ai proprietari delle auto.

Prendi oggi no? Ma che ci facevano tutti questi uomini lì soli alle 2 di pomeriggio del lunedì di pasquetta?
Qualcuno sarà fuggito da un pranzo di parenti serpenti. Qualche altro una famiglia non ce l'ha, può contare solo su una fuori seria sportiva.
E gli altri chissà.

Io?
Boh. Avrei sicuramente preferito essere a pranzo nella mia famiglia.
Sono andato lì perché mi piace stare in tuta dopo una settimana di ufficio ingessato.
Sono andato lì perché vicino c'è un campo e tanto verde.
Sono andato lì perché penso che una macchina con i cerchi in lega sporchi stoni come un uomo con un bel vestito di Tweed e le scarpe ricoperte di fanghiglia.
Sono andato lì perché l'abitacolo mi piace sia accogliente come un salotto.

Il sedile posteriore è immacolato, notavo oggi.
Sorridevo pensando a come io e mio fratello avevamo ridotto il sedile della vecchia fiat uno di papà.

Queste e svariate elucubrazioni mentali sono state ad un tratto interrotte dai clienti più bizzarri che abbia mai incontrato all'autolavaggio.
Una coppia di indiani. Un lui e una lei.
Appena arrivati hanno spento il motore, alzato il volume della radio al massimo ed è partita una robaccia indiana.
Mi sembrava di stare a Bollywood.
Per un attimo ho temuto un'invasione di 200 comparse sbucate dal nulla, in abiti sgargianti, per ballare all'unisono.
Ma poi quale sarà mai il motivo per cui agli indiani sembra così normale che nel bel mezzo di un film, come fosse un'invasione di locuste, la scena venga invasa da un esercito di ossessi danzanti?!

Mi chiedo quale sarà il terzo

Un altro tappo di spumante di quelli importanti.
Nella parte inferiore ho impresso la data con una penna a inchiostro.
"Marzo 2013 - Prima cena nel bilocale".
Non è casa di mia proprietà, però ne valeva sicuramente la pena festeggiare.

Per l'occasione tutti i migliori amici qui riuniti. Cinque. Cinque amici.
Perché puoi anche conoscere centinaia di persone, ma alla fine quelle per cui ti senti di donarti, nell'atto di servire loro il piatto a tavola, sono solitamente meno di un servizio da sei.

Adesso c'è un secondo sughero accanto quello stappato tre anni fa per l'acquisto della macchina nuova.
Mi chiedo quale sarà il terzo e quanto bollicine dovranno salire a galla.

Ci senti il tuo odore già dentro

Ho altre visto case prima di questa.
Sono entrato ho chiesto dei mobili e mi è stato risposto "ah ecco volevo dirti che i mobili vanno via con l'inquilina. Rimane la cucina, quella cassa panca e ti troveremo un letto".
Certe volte mi viene voglia di mettere in un pausa la scena, girarmi verso la telecamera e dialogare con il pubblico come nei migliori film di Woody Allen.

Quando sono entrato in questa casa invece non ho avuto il benché minimo dubbio.
Certe case ti parlano. Ci senti il tuo odore già dentro.
Ho detto sì su due piedi e ho firmato tutto quello che c'era da firmare.

Non prima della mia figurina.

- "Ci servirebbero reference... capisci..." (ammiccante).
Uhmmm, no non avevo capito, ma non potevo mica chiedere la domanda di riserva, quindi:
- "ooohh sì certo.. oh oh oh (risata babbonatalica)... non ci sono problemi, sono un maniaco della pulizia, avrò cura della casa, con il proprietario della precedente sono in buonissimi rapporti e... bla bla bla"
- "Ehmm no, temo ci sia un malinteso... intendevamo che dovrebbe portarci il suo contratto di lavoro e la sua ultima busta paga".

Ah!
Quando anche la vergogna per essere stato un ingenuo passa in secondo piano...

PS: È una sensazione sgradevolissima farsi ravanare le tasche per poter ottenere questo grande privilegio di pagare un salasso di affitto mensile. Mi sembrava superfluo aggiungerlo, ecco.



lunedì

Il mio momento

Eccomi. Dopo una lunga assenza.
Sentivo davvero il bisogno di tornare.

Come mi hanno detto da più parti: "era il mio momento".
Per questo motivo non ho scritto.
È il tuo momento quando cavalchi la cresta dell'onda e allora non c'è neanche tempo per fermarsi un attimo per riflettere e buttar giù due righe.
È così che dovrebbe essere la vita. Sempre.

Sono stato travolto da cambiamenti positivi.
Il fatto che adesso scriva in una nuova casa è uno di questi.
Sono ancora circondato da scatole di imballaggi e pallottole di scotch marrone sul pavimento.
Ma ce la farò a disfare tutti i pacchi, ce la farò!

Ho lasciato la vecchia casa che condividevo con altri figli della crisi e adesso inzio a godermi la mia conquistata indipendenza dentro le mura di un moderno bilocale.
Indipendenza... o solitudine? punti di vista insomma!

I traslochi in solitaria, ho scoperto, sono un po' tristi.
Sarà perché imballando passano per le mani i ricordi di una vita.... una vita fa intendo, o anche due.
Sarà perché "le grandi manovre" taciturne portano con sè meditazione e riflessioni.
Sarà perché portando via tutto il vissuto, rimane il retrogusto amaro del vuoto che resta, che poi è una delle più note metafore della vita.

Però sono stato bravissimo.
Ho fatto tutto da solo, perché così avevo deciso.
Perché semmai fosse stato stancante (e lo è stato) avrei baciato questa mia croce.
Che può sembrare un pensiero scemo, ma non lo è.
Viviamo di convinzioni e di simboli di cui queste convinzioni si alimentano.
Traslocare da solo era un simbolo. Anche se forse, pensandoci, lo è molto di più pagare l'affitto ogni 5 del mese.

La casa ha tutto quello che un uomo single, varcati i 30, potrebbe volere.
Oggetti di design, un armadio a sei ante, una doccia con getto ad idromassaggio, un divano di pelle bianca, un router wireless, il posto auto riservato e la finestra su un giardinetto ben curato. L'anziana vicina che mi dà del lei e mi chiama "Dott." mostrando una riverenza d'altri tempi.
Certo, ci sarebbe ancora tanto da fare: un microonde, un TV 40 pollici con abbonamento satellitare, l'impianto dolby-sorround, il climatizzatore per il periodo estivo, il porta cravatte, la donna delle pulizie.
Beh insomma, piano piano.

Un pensiero però mi passato per la testa mentre come una formichina facevo su e giù per le scale con gli scatoloni in mano.
Mi piacerebbe condividere tutto questo.
Potrei rinunciare al design, al megaschermo, a tutto il resto.
Potrei essere felice anche senza sofisticazioni.
Ci inventeremmo lo spazio di una culla, faremmo della famiglia la nostra vera casa.

Sono davvero sorpreso di me stesso.
Questo trasloco mi ha messo a dura prova.
Vado a letto.