domenica

Autoeliminato alla prima


Valentina.
Una che apprezza la battuta brillante e che sa stare il gioco.
E soprattutto una che sa cosa vuole.
Simpatica e anche carina: già così abbondantemente sopra la media.
Usciamo una sera.
Conoscendola meglio noto una sfumatura un po' aristocratica che a tratti sembra sfociare in snobbismo.
Praticamente si autoelimina alla prima.
La limonata a fine serata vale una seconda uscita, magari con meno pretese.
E poi in fondo, al netto di ogni possibile aspettativa, si è scherzato e riso tutto il tempo.
Tutto il tempo... finché non arriviamo a casa sua, e lì sul suo letto, svogliato e senza stimoli, ho la senzazione di essermi autoeliminato alla prima anche io.

Ci sarà una seconda oppure no?
Passano i giorni e nessuno si sbilancia.
Va così quando manca persino la voglia di sentirsi di dire "no".

giovedì

Fame di spirito

Mi era di strada un giardino pubblico, oggi, nella pausa pranzo.
Di corsa come sempre perché quei 60 minuti sono così veloci, non sono il solo a pensarlo, che sfuggono ad ogni legge di relatività spazio-temporale.
Mentre aggredisco a passo svelto la strada, noto un omaccione di colore di lato sull'erba, all'ombra di un albero.
Sta facendo qualcosa, nella fretta inizialmente non capisco. I suoi movimenti sono lenti, ma ogni mossa sembra studiata e sperimentata più volte, per un fine che probabilmente si è già ripetuto altre volte.
Si guarda intorno, ma non ha un fare sospetto. Sembra piuttosto che cerchi qualcosa. Con le mani dispiega un fazzoletto di stoffa. No è un foulard, no... ah ecco... è un tappettino.
Lo posa per terra.
Rallento il mio passo.
Con l'agilità di brontosauro - quello dal collo lunghissimo - si piega in avanti e senza aiutarsi con le mani, si adagia sulle ginocchia e si siede suoi talloni.
Tira i lembi del tappeto per far sparire le pieghe e rivolto - suppongo - verso La Mecca ha inizio il rituale di preghiera .
L'uomo è concentrato e i suoi movimenti mimano qualcosa di negativo che viene espulso e il richiamo di un'essenza positiva, invisibile e al contempo potente.

Riprendo il mio passo, non voglio interferire, non voglio bucare la sfera di sacralità che si è formata intorno a lui.
Ma ho perso il mio ritmo forsennato. Guardo furtivamente indietro ogni tanto.
Rifletto.
E' difficile da comprendere tutto questo.
I nostri costumi occidentali si discostano da questo modo di vivere.
Forse ciò vale meno per la signora Pinella, ottuagenaria vicina di casa dei Miei, vedova da quasi 30anni e irriducibile sostenitrice del rosario.
Eppure anche per la Pinella, sono certo, è comunque un "fatto" diverso. Il suo trittico di Ave Maria e Padre nostro, è un esercizio meccanico e di memoria che andrebbe a rotoli se non tenesse il conto con la coroncina alle mani.

Nella preghiera che ho visto oggi, c'è molto di più di un "automatismo". C'è raccoglimento, meditazione,  purificazione.

Ho cercato di captare l'onda di quei pensieri, dicono che si possa entrare in contatto se ci si concentra.
Devo essere entrato a "discorsi iniziati".
Ho visto un quadretto familiare: una moglie e dei bambini.
Ho sentito un crescente senso di pace provenire da quel pregare.
Ho captato persino un ringraziamento all'albero che gentilmente ha offerto la sua ombra.

Ho finito il mio panino da quattro euro al terzo dei ventinove scalini che portano al mio ufficio.
Ciò nonostante, ho avvertito ancora un latente senso di fame.
Era fame di spirito!

lunedì

Morbida e calda

Era ancora estate ieri.
Poi in serata, da nord, nuvole e vento. E le temperature sono precipitate.
Così... di colpo, che non ne ho avuto il tempo.

Un altro sabato sera di giri e t-shirt, solo che in tenuta estiva dopo mezzanotte ho avuto freddo.
Ero con Adriana, non lontani da casa sua. Allora abbiamo ripiegato verso casa.
Siamo saliti sopra e mi sono disteso sul suo letto.
Mi piace guardare le stanze delle mie amiche dalla loro visuale. I loro soffitti sembrano sempre avere tanto da raccontare.
Mi ha offerto dell'uva bianca. Abbiamo mangiato frutta e parlato di ragazzi (lei) e di ragazze (io).
Poi prima di uscire nuovamente, ha aperto l'armadio per prendere un giubbino di mezza stagione. Per me ha scelto una felpa. Una che potesse fare al caso. Tirava un po' sulle spalle e sul davanti sembrava avesse le gobbe del suo seno, ma tutto sommato andava bene. Morbida e calda.
"Poi me la restituirai, tanto non la metto, ne ho altre" ha detto.
Il ristoro che ne ho ricevuto è nulla, rispetto alla sensazione unica che mi ha dato portare adosso qualcosa di un proprio amico/a. Pensavo questo, oggi, mentre la lavavo e stiravo per potergliela restituire pulita.

L'amicizia è fatta di questo, di cure e attenzioni gratuite, che scaldano dentro quando tutt'attorno è freddo e gelo.