lunedì

Febbre da saldi

Vivo un rapporto di amore e odio con il sistema capitalistico.
Vorrei... liberarmi l'obbligo di dover avere.
Vivrei... meglio distaccandoti da tutto il materiale.
Bisognerebbe... conquistare una dimensione spirituale e tenersi salda quella.

I buoni propositi naufragano quando ritorno da una giornata di shopping attesa e pianificata.
C'era diffusa euforia da ribassi estivi oggi... "febbre da saldi".
Sono ritornato al parcheggio con una matriosca di buste in mano. Tutta bianca, tutta nera, nero e bianca, piccolissima, media, grandissima, di cartone opaco, di plastica lucida, con la scritta piccola, con il logo gigante.
Anche le buste mettono soddisfazione. Anche se le cestino immediatamente. Ma sono belle, anche quelle.

Ho speso un terzo dello stipendio di questo mese... ok, ma non mi pento di non aver risparmiato e aver messo da parte quella cifra.
Penso invece che se non ci fottessero con questa leva del "compra altrimenti sei demodè", non avrei esigenza di dover guadagnare un stipendio che è tre volte tanto quello che ho speso oggi. E quindi potrei lavorare meno. Ci guadagnerei in tempo e soprattutto in relax.
Alcuni vestiti li compro e poi a volte li metto pochissimo. Baratterei volentieri un terzo dello stipendio con un terzo di ore lavorative in ferie. Uscirei tre ore prima ogni giorno per un mese e me ne andrei in una distesa libera e isolata a leggere o a scrivere, fino al tramonto.
A parte rimpiazzare i capi bucherellati e visibilmente usurati, potrei andare tranquillamente avanti con un variegato guardaroba tardo anni '90 fatto di t-shirt larghissime, levis 501 e pinocchietti.

Poi una considerazione.
Se non "apparendo", come esprimeremmo gusto e stile? Per strada ad esempio, o ad un primo appuntamento?

martedì

Paura e ambizione se le danno di santa ragione

Si chiamano bivi,
tanto più se sono possibilità di vita incongruenti, antitetiche. In completa opposizione.
Ma tutte possibilità plausibili, verosimili. Sicuramente calzanti.

Dire sì ad una proposta di convivenza. Cercare una casa.
Montare una libreria nuova e mettere insieme, i miei libri, ai suoi.
Dipingere e andare a letto, con l'odore di pittura fresca alla pareti.
Fare l'amore la prima sera, quella dopo e quella dopo ancora.
Stringersi e piangere. Di felicità.
Guardarsi negli occhi o chiuderli. Seguire con la mente il suo profilo.
Poi mettere alla luce una nuova vita,
senza pensarci troppo, seguendo lo stesso istinto.

O Partire. Andare via. Lontano.
Firmare una lettera di dimissioni e consegnarla prima di poterci ripensare.
Ringraziare gli amici per tutti quei momenti. Dirsi arrivederci con una pacca sulla spalla che vuol dire "in bocca al lupo".
Dividere, tutto... un ricordo, un oggetto simbolico, un affetto materiale. Cosa è necessario? cosa è superfluo?
Distaccarsi dal volume dell'inutile, rompere con i vincoli del passato.
Mettersi in movimento. Rinnovarsi. Cambiare.
Scegliere una meta. Quasi a caso o per sentito dire.
Londra, Berlino o Copenaghen.
Ritagliarsi un luogo. Soggiornare senza un tempo prefissato.
Cercare un lavoro. Imparare una lingua. Salutare "lo straniero che c'è in me".
Fino a desiderare di rivedere casa propria.
Riprovare il gusto del ritorno.

Si chiamano bivi... della vita.
Perché scegli di vivere l'una o scegli di vivere l'altra. Ma non entrambe.
E finché non te la senti di scegliere, suoni l'inizio di un nuovo round sul tuo ring:
paura e ambizione se le danno di santa ragione.

domenica

C'è una boutique sul viale che porta in centro

C'è una boutique sul viale che porta in centro.
Se mi fermo sulla vetrina è perché ho voglia di ridere. Nei talloncini dei prezzi spesso ci leggo il mio stipendio.
Ha un non so ché di comico, pensare che dopo un mese di sveglie, di caffè, di maldischiena, di malditesta, di straordinari, di ramanzine del capo e di clienti a cui dare sempre ragione... ecco dopo un mese di tutto questo, potrei comprare uno di quei capi in vetrina. Giusto uno, uno solo.

Ieri dalla boutique è uscita una Signora. Una di quelle avanti con gli anni, ma non ancora di terza età.
Vestita di svariati miei stipendi considerando anche scarpe e accessori.
Un'altra donna l'accompagnava. Bassa, di carnagione scura, con tratti asiatici. Le uniche firme su di lei erano i marchi sulle borse degli acquisti che reggeva per la Signora al suo fianco.
La Signora parlava, parlava e parlava. Della nuora, credo che parlasse. E lei, la donna asiatica, annuiva fingendo interesse e senza mai aggiungere del suo a quanto detto.

Finché non li vedo non ci credo. I ricchi comprano quegli abiti in vetrina e quando escono i loro domestici reggono le borse per loro. Probabilmente i domestici a casa tagliano pure le etichette, sistemano i nuovi acquisti in armadio e smaltiscono le buste. Lo penso perché è una cosa che odio fare e per questo in fondo quei ricchi un po' li invidio fino a non farmene una ragione.

Il signor Brunetti del mio condominio, invece, sono sicuro che lui una ragione se la sia fatta da tempo.
Il signor Brunetti è un operaio metalmeccanico. Fa le saldature. D'estate, sotto il sole con una tuta blu e una maschera nera, quando noi tutti collasseremmo di caldo, lui è capace di far nascere un impianto industriale là dove c'erano erbacce e sterco.
Ha tre giovanotti che stanno venendo su forti, svegli e spigliati. Giocano a calcio in cortile.
La domenica mattina saltano tutti sulla multipla malandata e rientrano a sera. La gita fuori porta è il massimo della vacanza che ci si può permettere.
Si lamenta, il Signor Brunetti, che tutto aumenta e ce la fa a fatica per 5 persone.
Settembre è un incubo poi. Riaprono le scuole e bisogna comprare libri e cancelleria per tutti e tre.
Ma pare appagato il signor Brunetti. Ce l'ha con i politici ok, tutti ladri dice "non se ne salva uno", ma non ne fa una questione di classe.
C'è chi nasce operaio e compra al discount, c'è chi nasce di famiglia buona e compra in boutique.
Da quanto esiste questo mondo va in questo modo e sta bene così, per buona pace di tutti.
Puoi nascere ricco, puoi nascere operaio, o puoi nascere in Africa e pregare di non morire di malaria e fame.

Sarà.
Ma adesso io guardo la Signora "per bene" uscire dalla boutique con la domestica a fianco e per ora a me tutto questo mi sembra tanto ingiusto quanto iniquo.
Non so che lavoro faccia la Signora. Qualunque esso sia, non credo che ne abbia più diritto di me.
O del signor Brunetti, del mio condominio.