Di nuovo freddo,
di nuovo pioggia,
di nuovo buio.
Alzo il bavero del giubbotto fino al mento e tiro su il cappuccio per non bagnare i capelli.
Le mani in tasca sfuggono al gelo.
Come dentro uno scafandro, rientro in casa.
Non si incrocia più nessuno per strada.
Non passeggiano più, per il viale, le coppiette spensierate delle fresche serate estive. Spariti sedie e tavolini da aperitivo fuori dai locali. Le porte adesso sono chiuse e sono tutti dentro. Li vedo da fuori schiamazzare. Li vedo, ma non li sento.
C’è silenzio qui fuori.
Furtive e scure presenze s’aggirano. Come gatti voltano gli angoli e si perdono. Sono pochi e rari viandanti isolati; a passo spedito, sfuggono anche agli occhi e non li vedi più.
Scafandri, come il mio, anche per loro.
Scafandri che non lasciano disperdere niente di quel calore che un corpo possa produrre.
Scafandri che non lasciano trasparire le “storie”.
Tutto rimane dentro.
I pensieri rimangono dentro.
Le angosce, le speranze, i turbamenti.
I nomi, i volti e un’abbronzatura per fingere chi non sei.
Sono finiti i giochi. Hai le scarpe bagnate, il naso ghiacciato e desideri calore.
Umano, calore umano!
Dentro lo scafandro, coperto ma non nascosto, senza più fingere, sei in pace con te stesso.
Di nuovo freddo,
di nuovo pioggia,
di nuovo buio.
Di nuovo inverno.