martedì

Quanti di quei semi sono germogliati?

Passano così 20 anni, da quel giorno in cui il giudice Giovanni Falcone divenne un compito in classe d'Italiano.
Successe tutto di sabato. Lunedì quegli uomini erano sul mio foglio protocollo coniugati al passato.
Scrivevamo delle immagini viste durante le edizioni straordanarie.
La croma blindata squarciata, la terra fumante, lo strazio e le vedove.
Quel "bastardi" pronunciato dallo zio, la desolazione sul volto di papà.

Eravamo torba fertile e incolta e ci hanno impiantato il seme della legalità,
perché spettava a noi ricostruire un giorno quello per cui "i grandi" avevano fallito.

Ventanni passano e quel giorno arriva.

Ho costruito il mio futuro con le mie mani.
Cammino a testa alta per la strada.
Venero il tricolore perché, come la Croce, si è macchiato del Sangue dei Giusti.

Sento in continuazione una voce dentro che mi dice cosa è giusto fare e neanche volendo potrei metterla a tacere,
neanche per le più piccole quisquilie, neanche davanti un naturale senso di vergogna nel rimproverare per la strada un anziano che si è liberato per terra del pacchetto vuoto di sigarette.

La corruzione mi fa puzza.
Il compromesso morale mi dà il vomito.
La mafia mi fa schifo.

Quanti di quei semi sono germogliati?
Quanti si sono sottratti dal ricercare una raccomandazione,
dall'avvicinare, adulare, servire il Potere per avere un ritorno, un lavoro, una posizione?
Quanti si sono piegati al compromesso?
Quanti?

Eravamo scolari.
Passano ventanni e siamo l'Italia.
Questa Italia.

Guardo il positivo e mi piace pensare a quanti in quei giorni abbiano "sentito la chiamata" e oggi sono giudici, magistrati, poliziotti.
Quanti sono oggi, quelli che allora furono Gian Carlo Caselli e Ilda Boccassini, volontariamente trasferitesi alla procura di Palermo e Caltanissetta all'indomani delle stragi?
Quanti?

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